Commodity: ecco cosa emerge dall’outlook per 2026 di Global X

Guardando al 2026, il settore delle materie prime potrebbe trovarsi all’incrocio di due dinamiche destinate a ridisegnarne il percorso: una di natura macroeconomica e una tematica, strettamente legata agli investimenti strutturali in infrastrutture digitali ed energetiche. A delinearlo è Matt Lodge, Commodities Investment Strategist di Global X, secondo cui “due forze chiave appaiono destinate a guidare il panorama delle materie prime: una di tipo macro, e una invece di natura tematica”.

Pressioni macro e rendimenti reali in calo

Lodge osserva che “i cicli di tagli dei tassi da parte delle banche centrali, combinati con politiche fiscali espansive e la reintroduzione di dazi, hanno alimentato aspettative e incertezza inflazionistica”. In questo contesto, breakeven e inflation swap restano elevati, mentre i rendimenti reali potrebbero continuare a scendere pur in presenza di rendimenti nominali ancora alti.

In un simile regime, aggiunge, “gli asset reali – come i metalli – dovrebbero offrire una forte diversificazione e potenzialmente sovraperformare gli asset nominali”, inclusi gli indici azionari più rappresentativi.

La forza tematica: l’ondata di investimenti in data center, rete e energia

Sul fronte tematico, Lodge sottolinea che “l’ondata di investimenti da parte di hyperscaler, utility e governi rappresenta la forza che sta già influenzando le prospettive di domanda”. Metalli come rame e argento sono i beneficiari più immediati della corsa ai data center e al rafforzamento della rete elettrica, mentre il nucleare dovrebbe acquisire ulteriore slancio quando la nuova capacità di calcolo entrerà pienamente in funzione.

Secondo Lodge, questa spesa è “slegata dai cicli economici, fornendo una solida fonte di domanda per i materiali critici” e arriva in una fase in cui l’offerta mineraria si indebolisce dopo un ciclo di investimenti deludente.

Rame e argento: fondamentali in irrigidimento

Tra i metalli più favoriti dall’attuale contesto spiccano rame e argento. “L’argento è atteso al suo quinto deficit annuale consecutivo nel 2025”, spiega Lodge, sostenuto da una domanda industriale robusta e da flussi costanti verso gli ETF. Il rame, invece, “dovrebbe passare da surplus a deficit nel 2026, almeno a livello di materiale raffinato”.

Le interruzioni nelle miniere e i mercati del rame non raffinato già molto tesi potrebbero generare una forte asimmetria rialzista sui prezzi nel breve termine. Ma il nodo cruciale riguarda il medio-lungo periodo: “la capacità raffinata coprirà solo circa il 70% della domanda fino al 2035”, avverte Lodge.

Con pochi progetti di espansione e tempi autorizzativi in aumento, “la traiettoria di minor resistenza per rame e argento appare orientata al rialzo”, anche perché nel 2026 potrebbe esserci maggiore chiarezza sui fondamentali e sugli effetti della domanda legata all’espansione dei data center.

Uranio: un 2026 di conferme dopo la svolta politica del 2025

L’esplosione della domanda energetica dei data center ha riportato in primo piano la necessità di energia stabile e abbondante, fattore che si intreccia con una significativa svolta politica sul fronte nucleare. Secondo Lodge, “le politiche governative globali nel 2025 creano le premesse per una continuazione del sentiment rialzista per l’uranio nel 2026”, anno in cui arriveranno scadenze decisive per nuovi progetti.

Negli Stati Uniti, l’ADVANCE Act punta ad accelerare le licenze per reattori avanzati e SMR, mentre un ordine esecutivo del 2025 chiede di velocizzare lo sviluppo nucleare domestico ed estendere la vita degli impianti esistenti. “Nel 2026 saranno raggiunte varie pietre miliari e scadenze”, ricorda Lodge, segnando un anno spartiacque.

Sul piano globale, anche la Banca Mondiale ha contribuito alla svolta revocando il divieto di finanziamento al nucleare. Una decisione che, secondo Lodge, “ha probabilmente aperto un nuovo canale di capitale a basso costo” e ridefinisce l’intero scenario dei finanziamenti al settore.

Minerali critici: sicurezza delle supply chain e nuovi accordi strategici

Sul fronte dei minerali critici, gli Stati Uniti stanno puntando a ridurre il rischio legato alle catene di fornitura. Lodge ricorda che il Dipartimento della Difesa ha siglato un accordo strategico con MP Materials fissando un prezzo minimo per NdPr e garantendo l’acquisto di tutti i magneti prodotti negli USA nel prossimo decennio. “Questa struttura crea di fatto una domanda garantita”, nota l’analista, contribuendo alla stabilità dei ricavi e al finanziamento delle attività downstream.

A livello internazionale, il Critical Minerals Compact con l’Australia – firmato nel 2025 – rafforza la cooperazione su terre rare e litio, creando un fronte comune tra due dei principali produttori non cinesi. Secondo Lodge, “iniziative come queste ridefiniscono il profilo di investimento dei minerali critici, coprendo il rischio prezzo e consentendo un finanziamento a basso costo e non ciclico”.

Un 2026 di nodi che vengono al pettine

In definitiva, il 2026 appare come un anno in cui molte dinamiche – dai fondamentali di offerta dei metalli agli investimenti energetici e digitali, fino agli interventi governativi – diventeranno più chiare. Un anno in cui, conclude Lodge, “saranno definiti i probabili vincitori e vinti di questo nuovo scenario”.