Mentre il 2025 si chiude con performance stellari per molti asset, l’atmosfera tra gli investitori è di crescente cautela. Valutazioni elevate, tensioni geopolitiche, inflazione “sticky” e il dibattito sull’impatto reale dell’Intelligenza Artificiale sui mercati delineano uno scenario complesso per il 2026. È questa la fotografia scattata dagli chief investment officer di M&G Investments nel report “Investment Perspectives 2026 Outlook: Searching for value amid the euphoria”.
Il nodo AI: bolla o rivoluzione strutturale?
“Se c’è una bolla, non è nella tecnologia, ma nelle valutazioni di un gruppo specifico di aziende”, afferma Fabiana Fedeli, CIO Equities, Multi-Asset and Sustainability. A differenza della bolla dotcom del 2000, le aziende trainanti dell’AI oggi sono profittevoli e mostrano una crescita robusta. Tuttavia, avverte Fedeli, “con la marea che ha sollevato tutte le barche che inizia a ritirarsi, è il momento di abbandonare l’esposizione passiva alle azioni AI e adottare un approccio d’investimento più attivo”. La domanda giusta per il 2026, secondo l’esperta, non è se siamo in una bolla, ma “possiamo identificare le aziende che stanno silenziosamente sfruttando ciò che l’AI ha da offrire e le cui valutazioni consentono margine di rialzo?”.
Il ritorno del reddito obbligazionario
Dopo anni di tassi near-zero, il reddito fisso torna a essere protagonista. “Con rendimenti reali attraenti, riteniamo che i titoli di stato possano offrire agli investitori una fonte interessante di reddito, senza assumersi ulteriore rischio credito”, osserva Andrew Chorlton, CIO Fixed Income. Il 2026 sarà un anno cruciale per l’indipendenza delle banche centrali, in particolare con la nomina del nuovo presidente della Fed. Chorlton evidenzia anche il potenziale dei mercati emergenti: “Supportati da livelli di debito generalmente più bassi, da una crescita continua e da una minore dipendenza dal dollaro, si stanno affermando come un’alternativa attraente”.
Mercati privati: recupero in atto, ma a più velocità
Nei mercati privati, la ripresa è avviata ma disomogenea. “Il recupero continua con i fondamentali intatti e le dinamiche di mercato che ne supportano l’appeal di lungo termine”, afferma Emmanuel Deblanc, CIO Private Markets. Per il credito privato, l’Europa potrebbe offrire allocazioni più rassicuranti rispetto agli USA, con rendimenti aggiustati per il rischio storicamente superiori. Deblanc vede opportunità nei settori trasformativi come climate tech, fintech e health tech, e sottolinea che “ulteriori tagli dei tassi si riveleranno probabilmente un vento a favore del private equity nel 2026”.
Il quadro macro: ottimismo sì, ma con selezione
Tristan Hanson, Co-Manager dell’Episode Macro Strategy, riflette sul contesto generale: “La politica delle banche centrali e l’inflazione saranno pivotali nel 2026”. Il mercato sconta tagli dei tassi USA, ma se l’inflazione resterà ostinatamente sopra target, questo scenario potrebbe vacillare, con ripercussioni sia per le obbligazioni che per le azioni. Hanson invita alla prudenza: “Ci saranno eventi imprevisti e il successo dipenderà da come gli investitori reagiranno alle sorprese, non dalle previsioni”.
Immobiliare: la resilienza premia, la qualità è tutto
Nel real estate, la ripresa è in movimento ma selettiva. “Il capitale si sta spostando verso certezza e resilienza, privilegiando asset in grado di resistere alla volatilità e di offrire crescita sostenibile”, spiega Richard Gwilliam, Head of Property Research. Lo shift verso il lavoro ibrido sta ampliando il divario tra uffici prime e secondari, mentre logistica e residential mostrano solidità strutturale. “I vincitori del prossimo ciclo non saranno coloro che cavalcheranno semplicemente la ripresa, ma coloro che sapranno reinventare il proprio approccio”, conclude Gwilliam.
Il denominatore comune: diversificazione e approccio attivo
Il filo rosso che unisce tutte le prospettive degli esperti M&G è la necessità di selettività. In un mondo di valutazioni non più ovunque convenienti e di driver macro incerti, la caccia al valore richiederà un’attenta analisi bottom-up, una diversificazione attenta e la capacità di distinguere la sostanza dalla semplice euforia di mercato. Il 2026, insomma, si prospetta come l’anno in cui l’abilità dell’investitore tornerà a fare la differenza.
